giovedì 14 maggio 2015

Makedonian Beat

Questo mese di maggio ho deciso di fare la trottola, dopo Volos infatti ho ripreso lo zaino per imbarcarmi in un'altra  avventura, questa volta tutta in solitaria alla volta di Skopje, capitale della Repubblica di Macedonia o F.Y.R.O.M. (dipende dal punto di vista).  
Perchè visitare una città di (soli) 180000 abitanti nel cuore dei Balcani meridionali?Perchè dopo i report entusiasti degli altri colleghi volontari, che hanno visitato la città nei mesi precedenti, mi è salita una grande curiosità e mi son fatta dare  mappe, consigli e quanto altro prima di partire. 
Divenuto stato indipendente senza spargimento di sanguedopo il crollo delle federazione yugoslava, da circa 20 anni il paese è alla ricerca della sua identità, sia a livello internazionale, dove le dispute con la Grecia in merito al termine Macedonia hanno portato la Nazioni Unite a creare la sigla FYROM ( Former Yugoslavian Republic of Macedonia), sia a livello interno.
A questo proposito il mio viaggio non e' partito sotto la cosiddetta 'buona stella', il giorno prima della partenza erano state registrate diverse manifestazioni anti-governative nel centro di Skopje dove migliaia di persone erano scese in piazza contro scandali e corruzione del governo macedone.
Decido lo stesso di partire, Salonicco -Skopje è una tratta ben collegata sia con il bus (4-5 ore per due corse al giorno) sia con il treno (5 ore una volta al giorno). Prendo la corsa della mattina con partenza alle 8.30 da Salonicco. Il viaggio di andata si rivela piacevole ed interessante grazie al thrilling della 'frontiera via terra' che io, generazione post-Schengen, non avevo ancora vissuto. Dopo che la polizia greca e macedone decretano che posso 'passare il porto' (sfortunatamente senza che venga messo il timbro) entro in terra macedone. Complice la luce del sole filtrata dalle pesanti nubi nere lo spettacolo a volte è mozzafiato. Grandi montagne e colline brulle completamente verdi ai cui piedi scorre il fiume Vardar impetuoso e selvaggio. Procedendo in direzione di Skopje si intravedono i primi villaggi, agglomerati di case e di case in divenire dai tetti rossi in cui di tanto in tanto si erge il minareto delle moschee. 
Verso l'una del pomeriggio , ora locale (si portano le lancette dell'orologio indietro di un'ora rispetto alla Grecia), sono a Skopje e , dopo qualche momento di confusione, mi dirigo in ostello. Il Kej hostel, la mia casa per questi 4 giorni, è molto carino, ha una vista sul fiume, bagni puliti e, sopratutto, una camerata luminosa tutta per me.
Il primo giorno è dedicato alla città vecchia di Skopje, il cosidetto quartiere turco, chiamato dai suoi abitanti Carshia. Dicono che Skopje sia una Istanbul in miniatura in cui la parte 'musulmana' e 'cristiana' siano anche qui separate da un ponte. Non sono ancora stata ad Istanbul, però nei giorni della mia permanenza scorprirò che è effettivamente così. La presenza degli storici hammam, di tre bellissimi caravanseragli, del gran bazar e di decine di moschee contribuisce a dare a questo quartiere un grande fascino 'orientale'. 
Si potrebbe essere benissimo in Marocco se non fosse per le casette basse con i tetti a spioventi che dominano le viuzze del centro storico.

il quartiere turco di Skopje, sotto la pioggia
 Dopo un veloce pasto a base di gran vento, salsa hajar (una salsa di peperoni ultrapiccante) e una carnazza ripiena di formaggio, mi sento pronta per il tour ma l'entusiasmo dura poco perchè nel giro di pochi minuti viene giù un fortunale. Mi armo di ombrello e felpa e continuo imperterrita nonostante le mie scarpe diventino il regno di Nemo. Visito il bellissimo  çifte hamman, oggi trasformato nella galleria d'arte nazionale, dove si possono ammirare, oltre che i quadri e le istallazioni, le bellissime arcate e cupole tipiche dei bagni turchi (se si è fortunati, come me, si può anche suonare il pianoforte) .
Poi, nell'intricato dedalo di vie e viuzze che, per via della pioggia, mi sembrano tutte uguali, mi perdo. Tenendo in una mano l'ombrello e nell'altra la cartina cerco di trovare il mio punto di riferimento: il museo della Macedonia. Dopo una piccola inversione a U risalgo alcune stradine e sono finalmente all'asciutto sotto portico del museo. Interrogandomi sul che fare vedo il magnifico, e mangiato da piante e arbusti, Kurshun An, uno dei caravanserragli simbolo della città. Il suo interno è imponente:


A piano terra alcuni archeologi stanno lavorando su alcuni reperti mentre al primo piano le camere per i viandanti sono state tutte restaurate. Nel frattempo che aspetto passi l'acquazzone mi fermo sotto le arcate per buttare giù qualche riga contemplando la pace del momento interrotta solo dallo scendere della pioggia.
Dopo un pò decido di rimettermi in cammino, scendo le scale e mi avvio alla porta e ... SONO CHIUSA DENTRO!!
Già, i simpatici archeologi hanno mollato armi e bagagli e se la sono telata. Attimi di panico, sono chiusa dentro e non ho il cellulare funzionante. Che fare? Per fortuna la porta, pur chiusa a chiave, ha la classica struttura a 'doppia porta' medioevale con una porticina più piccola incassata nel portone principale. Tra le due strutture c'è un foro sufficiente perchè il mio avambraccio passi e quindi mi metto a sbracciare e a gridare fino a che un ragazzo mi veda e vada a chimare la guardia del museo, che con le chiavi (e due occhi un pò incazzati) mi viene a liberare.  
Proseguo il mio giro 'all'aperto', onde evitare altri incidenti,  e mi trovo nella parte del gran bazar. E' un mercato chiuso con un tetto di lamiera e un camminatoio di assi di legno, ai miei lati banchetti di frutta e verdura, vecchie bilancie e i richiami verso i clienti.Anche qui il richiamo al Maghreb è notevole, ma è tutto più buio, labirintico, quasi claustrofobico.  foto mercato
 Rifletto se prendere qualche cosa da mangiare ma penso che, non essendo ancora pratica con i dinar (la valuta locale 1 € equivale a 61 dinar), ci metterebbero poco a barare sul prezzo. E così, trovando l'uscita, esco da bazar e passando un piccolo ponte continuo a camminare nella parte musulmana fino alla moschea Jasa Pasha, che vanta  il minareto più alto dei balcani.
La prima giornata si conclude alla fortezza Kale, oggi nient'altro che un altopiano fortificato, da cui si può vedere un magnifico panorama sul versante nord della città dove si possono ammirare le vette della catena Crona Gora macedone. (foto fortezza).
Il secondo giorno inizia, ahime', terribilmente presto: alle 5.30 della mattina e non per mia volonta'. Infatti il simpatico Hostel Kej pur essendo molto carino ha una notevole pecca: avere tende di fuffa!! Non ci sono persiane o serrande ha sbarrare l'ingresso alla fastidiosa luce mattutina per questo, di solito, si dovrebbero mettere dei gran tendoni. Invece niente,le tendine non reggono e quando il sole si leva, mi levo pure io.
La giornata parte  uno sprint che neanche il supercornetto al cioccolato può risollevare. Come se non bastasse anche il principio di raffreddore con cui ero partita trasforma rapidamente in influenza. Cerco comunque di rispettare la scaletta delle cose da visitare, anche perche'  l'indomani sarei andata a fare una gita giornaliera a Pristina, quindi dovevo vedere piu' cose possibile.
La prima fermata del secondo giorno e' il lago artificiale di Matka che dista pochi kilometri dal centro di Skopje e che si puo' raggiungere tranquillamente in 50 minuti con l'autobus 60 per un modico costo di 60 dinar (1 euro circa) per il biglietto andata e ritorno.
Vista la levataccia decido di prendere l'autobus abbastanza presto alle 8.45. Il trasferimento verso il lago e' interessante perche' da modo di vedere uno spaccato della vita alla periferia della citta', fatta di povertà, con case fatte di mattoni rossi grezzi a vista, donne di nero vestite, strade quasi sterrate e i consueti minareti. Quando arrivo a Matka scendiamo io ed un signore baffuto. Non avendo la piu' pallida idea di dove andare gli chiedo: "Matka?" e lui mi risponde "Matka!" e mi fa cenno di seguirlo, aggiungendo dopo poco "1 kilometer". Iniziamo a camminare in direzione della diga e dopo circa 15 minuti siamo arrivati all'inizio del lago dove si trova un piazzale con Hotel, ristorante e porto per le barche che portano i turisti a visitare il lago.
Appena arriviamo scopro che questo simpatico signore e' in realta' il custode della chiesa di San Andrea che si trova proprio vicino al piazzale. Entro, l'aria e' fresca. Questa chiesa risale al XIII secolo ed e' divisa in due parti, l'ingresso e la parte centrale, e puo' vantare diversi affreschi di santi e sulla vita di Gesu'. L'omino si rivela molto gentile e mi presta la guida in inglese dove ci sono le spiegazioni agli affreschi.  Quando esco faccio un giretto nel piazzale completamente inghiottito da tavoli e sedie in attesa di turisti e mi avvicino al camminatoio tramite cui si puo' visitare gran parte della sponda del lago. Faccio giusto qualche metro fino a vedere una barchetta con i primi turisti che si allontana in direzione della grotta.

il bellissimo lago di Matka
Decido di tornare indietro e chiedere il prezzo della gita in barca: 7 euro, non e' troppo ma in ogni caso non ce li ho. Un secondo dopo uno sciame di studenti conquista il piazzale. Butto l'occhio un'ultima volta sulla chiesa e poi mi dirigo verso il piazzale del bus, c'e' qualcosa altro da visitare.
Superando il punto di arresto dell'autobus e continuando per 5-10 minuti si arriva al monastero di Bogorodica. Mi piacciono molto i monasteri ortodossi per quella calma e tranquillita' che riescono a trasmettere. Anche qui si puo visitare una chiesetta del XIV secolo, questa volta le decorazioni sono rosse invecem che blu ma i soggetti non cambiano. Uscendo dal monastero ritorno alla fermata dell'autobus in attesa di rientrare a Skopje.
Dopo il pranzo a base di panini e una necessaria siesta sono pronta a visitare il centro storico (moderno).
L'avevo notato il giorno prima avvicinandomi al bazar, il centro storico e' un cantiere a cielo aperto che sta cambiando la skyline del lungofiume. In questa zona si trovano molti edifici importanti come il Ministero degli Esteri e diversi musei. Tutti sono accomunati da uno stile architettonico finto neoclassico connotato da un colore bianco splendente che, in una giornata di sole, ha veramente un effetto catarinfrangiente. Ma non solo, ci sono due ponti piani pieni di statue e due o tre navi (finte) costruite sul lungofiume, anch'esso in ristrutturazione. Scopro che questo grande progetto urbano si chiama Skopje 2014 (?). Anche la 'Times square' di Skopje in cui svetta un trionfante Alessandro Magno e' totalmente chiusa per lavori.

Dopo aver percorso il 'corso' della città pieno di caffè e tavole calde, arrivo alla  vecchia stazione dei treni. Alzando la testa si puo' guardare l'orologio fermo all'ora in cui il 26 luglio 1963 quando un terribile terremoto sconvolse a citta'.


Fu un terremoto catastrofico che cancello' gran  parte degli edifici del centro , fece più di 1000 morti e produsse migliaia di sfollati. A parte il vecchio edifico che ospita un museo il resto dell'area e' inaccessibile per, manco a dirlo, lavori in corso. Il museo vale comunque la pena di essere visitato non solo per via del materiale video e fotografico sui momenti del dopo terremoto ma anche perche' permette di capire come stata ricostruita la citta'. Grazie all'arrivo di fondi da tutto il mondo (anche da Francia e USA in epoca di cortina di ferro) la ricostruzione venne resa possibile ma sclerotizzata in diversi quartieri che dispersero ancora di piu' il contesto urbano.

un tipico scorcio 'socialista'
cantieri nel centro di Skopje











Ritornando verso la statua di Alessandro  si puo' trovare la statua di madre Teresa, che e' nata appunto a Skopje, e un museo a lei dedicato. A questo punto dovevo decidere se rimanere nel centro e aspettare il corteo delle proteste oppure prendere un autobus ed andare nella periferia della citta' dove si trova 'il quartiere rom'. Premessa, a Skopje (come nei balcani), la popolazione rom costituisce una numerosa minoranza e in questa citta' e' sorto un vero e proprio quartiere governato da un sindaco eletto dalla comunita'. I miei amici mi avevano detto che non era un quartiere pericoloso e anche su alcuni blog avevo letto dei commenti analoghi. Vinco la titubanza e salgo sull'autobus 19 che porta dritti a Shutka.
Tuttavia  mentre ci avvicinavamo al quartiere, mi cresce la sensazione di essere al momento sbagliato nel posto sbagliato, un  misto di insicurezza, paura e senso di colpa per andare a fare una specie di safari antropologico. Capisco di essere a Shutka quando vedo sulla sinistra il simbolo del popolo rom, la famosa ruota. D'un tratto sembra di essere finiti in una bolgia infernale, macchina ovunque, persone che si muovono su carretti trainati da cavalli, la tipica confusione da fine mercato. Più che un quartiere mi sembra una grande baraccopoli, fatta  di  piccole case di mattoni che rapidamente il posto a vere e proprie baracche.
Anche in questo caso si può parlare di segregazione della popolazione rom, mascherata dal velo istituzionale del 'che bravi si autogovernano', in realtà penso che sia un ghetto pieno di povertà e lasciato a se stesso lontano dal brilluccichio in cui il governo cittadino ha avvolto il centro storico.
Quando l'autobus si ferma rimango lì, non mi sento sicura a scendere, di fatto non voglio scendere perche' mi sento fondamentalmente un intrusa. Quindi rimango ferma sul bus, un po' tremolante per lo stress della situazione. Non faccio in tempo a chiedere al conducente fra quanto riparte che sento da dietro una voce: "scusa sei italiana?", mi giro e vedo un signore piuttosto giovane. Gli dico di si e iniziamo a parlare. Mi spiega che lui vive vicino a Shutka e che l'autista e' suo parente. Mi racconta che vive da diverso tempo in Italia e che, dopo aver cambiato molte citta', da qualche anno vive con la famiglia ad Imola, dice che lavora, che si trova bene e che la sua comunita' macedone consiste essenzialmente nella sua famiglia.
Dopo una mezzora ripartiamo e ritornando verso il centro citta' mi fa vedere il posto dove sta costruendo casa e mi indica i quartieri 'belli' della citta'. Arrivata all'altezza del bazar lo ringrazio e lo saluto. Sono le sette e mezza e corro al mio angolo preferito, la moschea vicina alla torre rossa che si trova su una collinetta vicino al bazar. L'avevo scoperta il giorno prima tra la pioggia ma sfortunatamente l'avevo vista chiusa, al secondo giro sono piu' fortunata e dopo pochi minuti che siedevo su una panchina arriva un ragazzetto ad aprire la moschea ad un mio gesto mi fa cenno che posso entrare. Mi siedo sul tappeto verde e scruto ogni angolo della moschea, non sto molto, forse solo 5 minuti, poi devo uscire perche' a minuti ci sara' il richiamo alla preghiera.Mi metto seduta a scrivere sulla panchina nel giardino della moschea, sta imbrunendo e d'un tratto sento il canto del muezzin. I vari minareti prendono vita e come un effetto domino il grido si dipana in tutta la citta' vecchia con i minareti che si illuminano. Credo sia stato il momento più magico del viaggio.
Poi il sole sparisce e ritorna il silenzio. Ho fame e decido di ritornare nella zona del bazar. Mentre cammino scorgo una specie di tavola calda, molto semplice, mi avvicino e chiedo al tipo cosa c'e' da mangiare mi risponde: "questo", indicando la gravche tavche (fagioli speziati cotti nel coccio) e cevapcici, prezzo politico di 140 dinar (2,20 euro circa). Mi siedo e letteralmente divoro tutto. Ringrazio e mi dirigo in ostello attraversando il lungofiume dove stazionano alcuni agenti di polizia e le statue del ponte delle arti.


Il terzo giorno invece di resuscitare continuo a non stare un granche'. Grazie ad una pezza sugli occhi guadagno un'ora di sonno ma mi alzo comunque presto, l'influenza comincia a farsi sentire e decido di abbandonare la trasferta di Pristina (*).
Cosa fare dunque? Sono indecisa se visitare il Museo della Macedonia o se andare alla Millennium Cross, una croce gigantesca issata sul monte Vodno che domina la citta' e da cui si puo' godere un panorama spettacolare. La giornata non e' chiarissima ma c'e' il sole, punto quindi sul Monte Vodno.
Ora, ogni tanto camminando per Skopje sembra di stare a Londra solo per questi:

Skopje come Londra

Ed e' con il doppio bus  (su sui campeggia la scritta Millennium cross) che mi avvicino alla meta. Dopo 30 minuti sono sul posto, per arrivare alla cima ci sono due modi: farla a piedi oppure prendere la funivia. Opto per la seconda. La cosa buffa e' che la funivia funziona ogni mezz' ora ( dalle 10 alle 10.30, dalle 11 alle 11.30 e via dicendo). Sono fortunata e dopo pochi minuti salgo fino in cima. Effettivamente la croce e' davvero mastodontica ed imponente. La storia narra che questo sito fosse conosciuto da tempo immemore come un luogo sacro dedicato alla croce e da qui la decisione nei primi anni 2000 di costruirne una vera e propria. Croce a parte il panorama e' bellissimo, si puo' vedere tutta Skopje  le vallate circostanti.
Visto il peso della croce sulla mia testa, seduta sulle rocce mi viene in mente di fare giusto giusto due considerazioni rispetto alla questione religiosa.


Vuoi perche' la permanenza secolare dell'impero ottomano ha lasciato profonde tracce culturali, vuoi perche' i conflitti sanguinari degli anni '90 sono stati una lezione importante, a me e' sembrato che a Skopje queste due anime (quella musulmana e quella cristiana) se la intendessero bene, ok alcuni quartieri (come la parte turca) sono un po' piu' identitari ma non ho visto ghetti (come invece e' di fatto Shutka). Poi magari certo, si potrebbe dire, sono tutti fratelli ma intanto hanno messo un mega crocione sulla montagna, tanto per far capire chi comanda. Bho, non so.
Di fatto, quando la funivia riprende a funzionare mi dirigo sulla strada del ritorno in ostello, dove, una volta rientrata, il mio viaggio sostanzialmente finisce, essendo ormai  vinta completamente dall'influenza. Cambio quindi il mio biglietto di ritorno prendendo il primo autobus per Salonicco, alle 6 di mattina.
Dopo una, breve, nottata in cui ho finalmente condiviso la mia stanza con altre persone, (psico)atleti della maratona di Skopje provenienti dalla Serbia, mi dirigo per l'ultima volta alla stazione degli autobus dove con un the e un mega cornetto al cioccolato saluto la citta'(non prima di aver pagato la tassa di uscita, 50 dinar).




Per tuto questo Fala (grazie) Skopje!

P.s.
E' stato un viaggio in solitaria. Non e' stato facile, ho avuto alcuni momenti di difficolta' e la sera ho rotto i coglioni ad amici e parenti lontani (che grazie alla tecnologia non sono poi cosi' lontani). Ho scoperto che forse i viaggi in solitaria non fanno per me ma questi, d'altro canto, rappresentano un utile termometro per conoscere bene se stessi, per capire se si riesce a stare un po' da soli con se stessi e, perche' no, anche per mettersi alla prova. Non mi interessa sapere se questa prova l'ho superata o meno (ma essendo tornata sana e salva direi di si), sono molto soddisfatta di aver vinto le mie remore e di essere comunque partita.

(*) Alla fine non andare a Pristina si è rivelata una decisione saggia perchè lo stesso giorno, sabato 9, c'è stato uno scorntro a fuoco che ha opposto politzia e un gruppo terroristico che rivendica la separazione della comunità albanese numerosa nelle zone limitrofe al Kosovo.








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