sabato 3 gennaio 2015

Dopo le impressioni di Settembre, le riflessioni di Gennaio

E' un tramonto rossissimo quello che stasera ammiro dalle colline del quartiere dove vivo. Di fronte a me il golfo di Salonicco. Mi  ricorda un pò quello di Napoli, pieno di navi ferme in attesa di attraccare in porto.  Ferma è anche l'acqua che con lo scomparire della luce si fa sempre più scura e piatta fino a che non si arriva con lo sguardo all'altro capo del golfo con le città che si disperdono sotto il monte Olimpo, la montagna sacra dove abitavano gli dei dell'Olimpo, il simbolo del mio arrivo in terra greca. 
Non è più Ottobre però,è Gennaio e fa incredibilmente freddo. Ammirare il tramonto sotto le sferzate di un vento gelido mette alla prova la mia resistenza termica. Penso che il solo è scomparso però la sua luce illumina tutto che definisce bene le forme delle montagne, le fa stagliare nette dalla terra. Solo due settimane fa partivo per il primo 'break' di questa esperienza da EVS e tornavo nel suol natio, in quest'Italia croce e delizia di tanti destini giovanili. Avevo sinceramente bisogno di rifiatare un attimo, di fare un minimo pinto sulla situazione che sto vivendo, sulle direzioni da prendere e sul verso in cui dirigere la mia vita.
Dopo una settimana di fuoco all'insegna di prelibate leccornie fatte in casa, il tritttico di panettoni pandori e torroni, baci dati e ricevuti, pinte di birra con gli amici, sono rientrata a Salonicco più confusa di prima e con il cuore diviso un pò a metà. Già perchè dopo l'euforia iniziale dei primi mesi, di quando tutto e nuovo e non hai occhi che per la scoperta di cose e persone di nuove, subentra l'aria di stanca, quella fatta della consapevolezza dei limiti propri e di questa esperienza. Seppur in terra greca ho trovato una seconda famiglia, con i suoi momenti di gioia e di scazzo, molti stimoli e la possibilità di lasciare alle mie spalle un periodo di alti e bassi, ecco, nonostante queste cose, prendere l'aereo del ritorno è stato un pò doloroso. 
Non solo per via di camminare in luoghi a me cari, come le case bolognesi degli amici, con  i loro sorrisi e il loro affetto, o quelli 'di casa', con gli amici di sempre ed i parenti, la sensazione predominante è quella di aver fatto una scelta, quella di non accontentarsi di quello che la provincia o la bella città avevano da offrire, cercare affrontare la frustrazione del non saper cosa fare della propria vita imboccando questa avventura un pò per caso. Ho visto i miei amici che in quella terra da dove io son voluta sfuggire loro cercano , quando possibile, di starci come degli equilibristi. In una frase: non sono scappati, hanno provato a costruire qualcosa restando. A queste persone ho invidiato questo coraggio, scegliere di restare e provarci e non solo scegliere di scappare e poi si vedrà. 
Tuttavia, anche se magari non assume toni così drammatico-esistenzialisti, questa è una condizione che ho visto in tanti amici e conoscenti della mia età. Chi sceglie di lasciare la strada vecchia per la nuova, per avere l'opportunità di studiare all'estero o per vivere un'esperienza di vita.  La sensazione è che oltre il tran tran modaiolo dell' 'oramai in Italia non si trova uno straccio di lavoro bisogna andare fuori' la verità è che forse bisognerebbe cambiare prospettiva e iniziare a pensare una soluzione per rimanere ed inventarsi una vita fatta a propria misura. Senza sentirsi in obbligo di scappare perchè altrimenti si viene invasi dalla frustrazione e quindi meglio andare a fare il cameriere o lo sguattero in UK on in Belgio.
Forse invece che guardare sempre verso l'altrove bisognerebbe guardare un pò più ai propri piedi, studiare come sono fatti, quali persorsi possono affrontare, prima di decidere di incamminarsi in ogni dove sia.

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