giovedì 25 giugno 2015

Τα λεμε Θεσσαλονικη


Era iniziata cosi': 


vista della citta' da Kasta, Amo Poli
con una vista sui tetti rossi della citta' vecchia, Ano Poli, in direzione del mare e del Monte Olimpo. 
E' stata la prima cosa che ho visto quando il secondo giorno, con Ozan e kevin, siamo partiti in una prima esplorazione della cita', guidata ovviamene da Ozan. 
Ho avuto modo di ammirare la citta' dall'alto e di ammirarne tutta la sua estensione e bellezza. Poi in questa citta' mi ci sono addentrata, ne ho conosciuto la storia, la sua gente, il suo cibo e quindi la sua cultura.  Ho passeggiato tra i suoi vicoli fino a  raggiungere il centro moderno, con la sua confusione ma anche i suoi mercati,  perfetto incrocio tra oriente ed occidente. 
Ho conosciuto molte persone, ognuna di esse mi ha lasciato qualcosa insegnandomi un po' di cose su di me e non solo. Ho imparato a parlare in inglese con moltissimi accenti (eccetto quello britannico). Ho reimparato il greco, moderno, e ho avuto il piacere di comunicare con le persone del luogo e notare la loro espressione di felice curiosita' sentendomi parlare la loro lingua con chissa che strano accento.
Poi Salonicco non mi e' bastata piu' e quindi ho viaggiato lungo la Grecia, scoprendone le sue differenze dal sud del peloponneso in odor di Venezia fino al profumo di Turchia della Tracia. Ho passando i suoi confini piu' prossimi, addentrandomi nel principio dei balcani, luoghi affascinanti ma senza dubbio difficili. Poi sono tornata sempre e  sempre tornandomi a stupire di quante cose non ho viste e quante ne vorrei vedere ancora, di questa citta'. Sara' un buon motivo per ritornare, un giorno.
Una di queste cose pero', l'ho fatta: il guro sulla barca che mi ha dato l'opprtunita' di ammirarla da un altro punto di vista:

Salonicco vista dalla barca-bar
Vista da cosi' mi e' sembrata Marsiglia e un po' tutte le citta' legate al porto, e quindi a chi partiva e arrivava dal mare. Mi sono sentita per un secondo come loro, come i rifugiati dell' Asia minore che arrivavano in questa casa sconosciuta, come lo e' stata per me.
E' impossibile dire cosa sono stati questi nove mesi, di sicuro tante cose che sara' difficile spiegare alla domanda: 'Allora come e' andata?'. Ho ancora alcune ore per preparare una risposta da generatore automatico ma solo io in fondo sapro' come e' andata quello che sara' indelebilmente con me e quello che tentero' di dimenticare. Una cosa e' certa, ne e' valsa la pena e se qualcuno mi dovesse chiedere:
'Lo rifaresti?' risponderei, questa volta senza dubbio: 'lo rifarei altre 100, 1000 volte'.

Ευχαριστω πολυ Θεσσαλονικη, τα λεμε!

mercoledì 17 giugno 2015

Manca un kilometro

Cosa dice il corridore quando vede davanti a se lo striscione del traguardo in lontananza, piccolo piccolo e poi sempre più grande, spossato al limite della fatica con le goccie di sudore che gli colano dalle tempie: 'manca un kilometro' pensa.
Ebbene si,anche qui manca un kilometro, due settimane o poco meno e si torna e sarà Game Over, fine dei giochi e del solazzo di questo baraccone avventuroso chiamato Servizio Volontario Europeo. 
Da Ottobre a questa parte è stata una lunga corsa e quasi non mi sembra vero che sia finita, che i mesi siano volati e che si siano trascinati dietro cose e persone fatte e vissute. E' tornato il caldo e la beffa è che, per questo Ottobre mi sembra ieri, quando sono andata a far la spesa il secondo giorno e son tornata a casa a piedi in un bagno di sudore. 
Alla spicciolata i volontari che mi hanno accompagnato in questa esperienza stanno cominciando ad andare via, la casa diventa più leggera ma anche più vuota, si liberano gli spazi nel micro frigo, la carta igienica inizia a durare di più e , cosa incredibile, la casa diventa silenziosa!!
In questo kilometro ci sta un pò di tutto il pensiero alle persone incontrate e che in qualche hanno segnato questa esperienza e, forse, anche la mia vita e tutte le aspettative sul dopo, sul dove cosa e come sarà. Ci sta sopratutto la consapevolezza di aver fatto 'un' esperienza' che mi ha permesso di stare quasi un anno fuori casa e di fare un sacco di cose belle. La più bella di tutte è stata quella di 'vivere' la Grecia di impararne la lingua (moderna), di conoscere la sua gente generosa e aperta, di scoprire la sua bellissima natura e la sua storia mutliculturale ( una consapevolezza vissuta a volte più con vergogne che con orgoglio).
E' stato bello anche condividere la proprio casa con 'mezza Europa'. Si, in un moneto come questo dove, a livello istituzionale, l'Europa si appresta più allo sfascio che ad una integrazione, è bello poter dire che noi ' i ragazzi dell'Europa' siamo diversi ma oramai abbastanza simili per voglia, deisderi, aspirazioni. E' bello in ogni caso aver l'opportunità di mettersi dalla parte dell'altro , di smontare la propria logica di pensiero e di venirsi incontro, una mediazione quotidiana con abitudini e approcci diversi dai propri. Una gran fatica ma alla fine posso dire di aver avuto degli ottimi rapporti con (quasi) tutti e credo che tornare a vivere sotto forma di monade in Italia sarà un bel trauma dopo 9 mesi in questa caotica famiglia. 
Il progetto, bhè qui casca un pò l'asino. Rispetto ad altri progetti qui in Grecia il nostro è stato senza dubbio un progetto un pò cazzone qua alle United Societies of Balkans. Cazzone nel senso che è mancata una linea guida generale in cui indirizzare il lavoro che è stato invece gestito in maniera un pò anarchica e quasi totalmente dipendente dallo spirito di iniziativa del volontario di turno. Per me è stato però anche un bel contenitore che mia ha permesso di portare avanti una rubrica radiofonica personale sulla fotografia (wiritng the light) che è dirata due mesi e di realizzare diversi video o mini-reportage su cose molto interessanti). Devo dire che forse, dal punto di vista professionale non è stata una botta decisiva per il curriculum ma sicuramente mi ha permesso di capire che l'ambito della comunizazione: star dietro al computer a far spamming, ecco non fa per me. 
E detto questo mi fermo, riprendo fiato e continuo a camminare in attesa del giorno della partenza e dell'arrivederci.
vista da Neos Marmaras, Sithonia (Penisola calcidica)



lunedì 1 giugno 2015

Gita fuoriporta (Xanthi e molto altro)

Qua a Salonicco, e nella Grecia tutta, oggi si celebra il giorno dell'Immacolata concezione è festa e chi può o vuole se ne va al mare, visto che nonsotante le nuvole la temperatura è dolce. Eppure io sono a casa, così sul divano a scrivere, di ritorno da un weekend ricco di cose fatte e viste.
Protagonista , ancora una volta, è la mitica Malakas family, la mia famiglia tessalonicese con cui si è organizzata sabato una mitica grigliata sul tetto di casa .Dovete sapere che , per noi carnivori, qua le grigliate sono un appuntamento immancabile un pò perchè è nello spirito greco di celebrare qualcosa con una sana arrostita e poi perchè avendo tra noi molti vegetariani ( e un vegano) si può mangiare finalmente la carne in un modo decente e non cotta nelle padelline sfigate. E quindi ecco dove abbiamo fatto la grigliata. 

la vista dal nostro tetto!
Dall'alto dei tetti sembra che finalmente Salonicco sia nostra/mia, lo spettacolo è incredibile di tutti questi tetti che uno vicino all altro sembra di essere quasi in Marocco o in una città del Mediterraneo profondo e caldissimo. 
Affacciata alla balconata del terrazzo, guardando l'azzurro del mare penso che sono 8 mesi (con vari intervalli) che sto qui consapevoli che anche dall'altra parte del mare c'è gente che mi vuole bene e che auspica il mio ritorno. Io, a dispetto tutto, qua ci lascerò un pezzo di cuore. A questo pensavo mentre guardavo chi grigliava carne e verdure, chi giocava a tavli, chi apriva una birra chi chiacchierava e chi si sbracava bellamente sui nostri mitici materassini. 
Avendo mancato la prima grigliata (percfhè ero a Volos) avevo proprio voglia di far parte del capitolo secondo e l'occasione è arrivata per celebrare la partenza di Tommy che ritornerà a breve in Italia per iniziare una nuova entusiasmante avventura. E quindi, mentre il sole calava dietro al torrione di Kastra illumninado la città di un rosso magico,  ridendo e scerzando, mangiando kili di carne da avere un colossale mal di pancia, e un buonissimo tiramisu alle fragole (preparato con amore da Christian e me) abbiamo iniziato a salutare questo gruppo che a mano a mano si sfoltisce per permettere a ciascuno di tornare alla sua normalità(qualsiasi essa sarà). 

geia mas
Non finiosce mica qui tuttavia. Domenica l'utlima grande gita di gruppo a Xanthi, Tracia.
Il nostro gruppo di greco, ossia me Tommy, Christian , Kristina e Kevin è stato inviatato dalla nostra insegnante di greco a partecipare ad un'escursione organizzata dalla scuola elementare dove facciamo lezione (si scuola elementare, avete letto bene). Oltre al fatto di non spendere nulla, la prospettiva di visitare questa città della Tracia mi allettava molto. La Tracia è la regione 'meno greca' della Grecia, dove ancora oggi si può notare l'eredità culturale meticcia in quanto terra di confine con la Bulgaria e con la Turchia. 
La sveglia alle 7 è stato un trauma un pò per tutti eppure ci si alza, alcuni partono direttamente a piedi mentre con  Aurora, Elisa Kristina decidiamo di prendere l'autobus per arrivare alla scuola, ovviamente lo perdiamo e ci tocca scarpinare per arrivare, ovviamente in ritardo, al meeting point.Si parte dunque.
Dopo quasi tre ore ci ferimamo poco prima di Xanthi per una brevissima camminata sul fiume Nestos. Il sentiero è molto facile e breve, sovrastante la ferrovia che collega la Grecia con la Bulgaria (infatti vediamo anche un treno passare). Lo spettacolo naturale è molto bello ma abbiamo solo il tempo per qualche foto ed uno spuntino perchè dobbiamo tornare indietro. 

photo credits by Tommy/Tessalonicese per caso. Il fiume Nestos
Arriviamo a Xanthi all'ora di pranzo e con lo stomaco che ulula, iniziamo ad incamminarci con la piccola mappa dataci dalla nostra insegnante e in breve ci ritroviamo nel centro storico. Oltre alle 'solite' case alla turca con il primo piano a balcone e le caratteristiche viuzze, quello che distingue la città è l'atmosfera che si respira. Con una grande e vecchia moschea la cui mezzaluna si erge dai tetti della città vecchia si capisce che la componente musulmana della popolazione qui è , finalmente, visibile. Si incontrano molte donne, giovani e non, con il velo e addirittura un nostro collega volontario chiede informazioni ad un autoctono in turco.
Una minoranza etnica di queste parti sono infatti i pomacchi, un'etnia di religione musulmana che si trova prevalentemente in Bulgaria. Arrivata alla piazza principale della città vecchia ci dividiamo, Tommy e Mustafa in esplorazione del vecchio centro storico e noi alla ricerca di cibo che, dopo un pò di peregrinazione, troviamo. Prima di rientrare verso l'autobus abbiamo il tempo di: mangiare un Cucciolone (si quello dell'Algida con i fumetti in italiano!), fare qualche esercizio nel parco pubblico e un pò di foto di gruppo.
L'ultima tappa della giornata sulla via del ritorno è Philippi, sito archeologicodella città di Filippi che vanta un bell'anfiteatro.
photo credits by Tommy/Tessalonicese per caso. L'anfiteatro di Filippi.

Questa città ha conosciuto il proprio apice sotto il periodo ellenistico in quanto fiorente centro commerciale sitato proprio sulla via Egnatia,vera arteria di comunicazione e trasporti della Grecia antica, prima che l'arrivo del Cristianesimo e di diversi terremoti ne decretassero la fine. Contrariamente al sito di Pella, qui si respira un aria più autentica e la piazza principale con i suoi lastroni neri incute un certo fascino. Il pezzo forte sono però i resti della basilica bizantina che, con la luce del tramonto, acquisiscono un colore spettacolare. 

photo by credits Tommy/Tessalonicese per caso. Il sito archeologico di Filippi.

La nostra ora d'aria è finita è tempo di ritornare sul bus in direzione Salonicco dove ci addormentiamo cullati dal fresco dell'air conditioning e dal sole rossissimo che si siede sulle montagne. Quando arrivaimo a casa prepariamo una cena a base di minestra (il brodino d'ospedale), i resti della grigliata e un pò di riso.
Questo week volge al termine e con lui anche i miei 8 mesi qui in terra greca, nel giro di qualche settimana il mio progetto finirà e tornerò anche io a casa (oramai una delle tante), ma portero con me i bei momenti passati con i malakes mou!

martedì 19 maggio 2015

Piccolo spazio, pubblicita'!

Oggi sono 7 mesi e mezzo che sono in Grecia. 
Chi di voi ha visitato a volte questa pagina avra' capito che, oltre a viaggiare e ad avere molto tempo libero, in tutto questo tempo come volontaria ho preso parte a moltissime cose. 
Ho pensato che poteva essere carino fare un po' di pubblicita' anche ai blog degli altri volontari per dare modo a voi, gentili amici lettori, di guardare a questa esperienza di SVE anche da altri punti di vista che hanno fatto cose (anche) altre da quelle da me vissute. 

E quindi cominciamo.

Questo e' il blog di Tommaso, 'bomberone' italiano proveniente dal lago di Garda, spirito libero, attento osservatore e spigliato scrittore. Se volete mettervi alla prova anche con lo spagnolo e l'inglese, questo e' il blog che fa per voi:  


Questo invece e' il blog di Ricardo. Giovane giornalista portoghese, Ricardo e' un ragazzo tranquillo ma molto determinato, in questo blog potete scoprire le cose che ha visto/ fatto, se sapete il portoghese:

http://greciavezesdez.tumblr.com/

Dalla Spagna con furore ecco il blog di Alejandro, gli ispanofoni mi hanno detto che i suoi post sono molto molto divertenti quindi che aspettate?

https://labiznagatesalonica.wordpress.com/

Da ultimo abbiamo invece il blog di Marlene, 'nuova' entrata francese. Sospeso tra inglese e il francese il suo blog parla della sua esperienza come volontaria a 360 gradi dal rapporto con i coinquilini, alle attivita' svolte, ai viaggi:

http://tripthessalonique.blogspot.fr/

Scritto cio' vi auguro buona lettura! :)

giovedì 14 maggio 2015

Makedonian Beat

Questo mese di maggio ho deciso di fare la trottola, dopo Volos infatti ho ripreso lo zaino per imbarcarmi in un'altra  avventura, questa volta tutta in solitaria alla volta di Skopje, capitale della Repubblica di Macedonia o F.Y.R.O.M. (dipende dal punto di vista).  
Perchè visitare una città di (soli) 180000 abitanti nel cuore dei Balcani meridionali?Perchè dopo i report entusiasti degli altri colleghi volontari, che hanno visitato la città nei mesi precedenti, mi è salita una grande curiosità e mi son fatta dare  mappe, consigli e quanto altro prima di partire. 
Divenuto stato indipendente senza spargimento di sanguedopo il crollo delle federazione yugoslava, da circa 20 anni il paese è alla ricerca della sua identità, sia a livello internazionale, dove le dispute con la Grecia in merito al termine Macedonia hanno portato la Nazioni Unite a creare la sigla FYROM ( Former Yugoslavian Republic of Macedonia), sia a livello interno.
A questo proposito il mio viaggio non e' partito sotto la cosiddetta 'buona stella', il giorno prima della partenza erano state registrate diverse manifestazioni anti-governative nel centro di Skopje dove migliaia di persone erano scese in piazza contro scandali e corruzione del governo macedone.
Decido lo stesso di partire, Salonicco -Skopje è una tratta ben collegata sia con il bus (4-5 ore per due corse al giorno) sia con il treno (5 ore una volta al giorno). Prendo la corsa della mattina con partenza alle 8.30 da Salonicco. Il viaggio di andata si rivela piacevole ed interessante grazie al thrilling della 'frontiera via terra' che io, generazione post-Schengen, non avevo ancora vissuto. Dopo che la polizia greca e macedone decretano che posso 'passare il porto' (sfortunatamente senza che venga messo il timbro) entro in terra macedone. Complice la luce del sole filtrata dalle pesanti nubi nere lo spettacolo a volte è mozzafiato. Grandi montagne e colline brulle completamente verdi ai cui piedi scorre il fiume Vardar impetuoso e selvaggio. Procedendo in direzione di Skopje si intravedono i primi villaggi, agglomerati di case e di case in divenire dai tetti rossi in cui di tanto in tanto si erge il minareto delle moschee. 
Verso l'una del pomeriggio , ora locale (si portano le lancette dell'orologio indietro di un'ora rispetto alla Grecia), sono a Skopje e , dopo qualche momento di confusione, mi dirigo in ostello. Il Kej hostel, la mia casa per questi 4 giorni, è molto carino, ha una vista sul fiume, bagni puliti e, sopratutto, una camerata luminosa tutta per me.
Il primo giorno è dedicato alla città vecchia di Skopje, il cosidetto quartiere turco, chiamato dai suoi abitanti Carshia. Dicono che Skopje sia una Istanbul in miniatura in cui la parte 'musulmana' e 'cristiana' siano anche qui separate da un ponte. Non sono ancora stata ad Istanbul, però nei giorni della mia permanenza scorprirò che è effettivamente così. La presenza degli storici hammam, di tre bellissimi caravanseragli, del gran bazar e di decine di moschee contribuisce a dare a questo quartiere un grande fascino 'orientale'. 
Si potrebbe essere benissimo in Marocco se non fosse per le casette basse con i tetti a spioventi che dominano le viuzze del centro storico.

il quartiere turco di Skopje, sotto la pioggia
 Dopo un veloce pasto a base di gran vento, salsa hajar (una salsa di peperoni ultrapiccante) e una carnazza ripiena di formaggio, mi sento pronta per il tour ma l'entusiasmo dura poco perchè nel giro di pochi minuti viene giù un fortunale. Mi armo di ombrello e felpa e continuo imperterrita nonostante le mie scarpe diventino il regno di Nemo. Visito il bellissimo  çifte hamman, oggi trasformato nella galleria d'arte nazionale, dove si possono ammirare, oltre che i quadri e le istallazioni, le bellissime arcate e cupole tipiche dei bagni turchi (se si è fortunati, come me, si può anche suonare il pianoforte) .
Poi, nell'intricato dedalo di vie e viuzze che, per via della pioggia, mi sembrano tutte uguali, mi perdo. Tenendo in una mano l'ombrello e nell'altra la cartina cerco di trovare il mio punto di riferimento: il museo della Macedonia. Dopo una piccola inversione a U risalgo alcune stradine e sono finalmente all'asciutto sotto portico del museo. Interrogandomi sul che fare vedo il magnifico, e mangiato da piante e arbusti, Kurshun An, uno dei caravanserragli simbolo della città. Il suo interno è imponente:


A piano terra alcuni archeologi stanno lavorando su alcuni reperti mentre al primo piano le camere per i viandanti sono state tutte restaurate. Nel frattempo che aspetto passi l'acquazzone mi fermo sotto le arcate per buttare giù qualche riga contemplando la pace del momento interrotta solo dallo scendere della pioggia.
Dopo un pò decido di rimettermi in cammino, scendo le scale e mi avvio alla porta e ... SONO CHIUSA DENTRO!!
Già, i simpatici archeologi hanno mollato armi e bagagli e se la sono telata. Attimi di panico, sono chiusa dentro e non ho il cellulare funzionante. Che fare? Per fortuna la porta, pur chiusa a chiave, ha la classica struttura a 'doppia porta' medioevale con una porticina più piccola incassata nel portone principale. Tra le due strutture c'è un foro sufficiente perchè il mio avambraccio passi e quindi mi metto a sbracciare e a gridare fino a che un ragazzo mi veda e vada a chimare la guardia del museo, che con le chiavi (e due occhi un pò incazzati) mi viene a liberare.  
Proseguo il mio giro 'all'aperto', onde evitare altri incidenti,  e mi trovo nella parte del gran bazar. E' un mercato chiuso con un tetto di lamiera e un camminatoio di assi di legno, ai miei lati banchetti di frutta e verdura, vecchie bilancie e i richiami verso i clienti.Anche qui il richiamo al Maghreb è notevole, ma è tutto più buio, labirintico, quasi claustrofobico.  foto mercato
 Rifletto se prendere qualche cosa da mangiare ma penso che, non essendo ancora pratica con i dinar (la valuta locale 1 € equivale a 61 dinar), ci metterebbero poco a barare sul prezzo. E così, trovando l'uscita, esco da bazar e passando un piccolo ponte continuo a camminare nella parte musulmana fino alla moschea Jasa Pasha, che vanta  il minareto più alto dei balcani.
La prima giornata si conclude alla fortezza Kale, oggi nient'altro che un altopiano fortificato, da cui si può vedere un magnifico panorama sul versante nord della città dove si possono ammirare le vette della catena Crona Gora macedone. (foto fortezza).
Il secondo giorno inizia, ahime', terribilmente presto: alle 5.30 della mattina e non per mia volonta'. Infatti il simpatico Hostel Kej pur essendo molto carino ha una notevole pecca: avere tende di fuffa!! Non ci sono persiane o serrande ha sbarrare l'ingresso alla fastidiosa luce mattutina per questo, di solito, si dovrebbero mettere dei gran tendoni. Invece niente,le tendine non reggono e quando il sole si leva, mi levo pure io.
La giornata parte  uno sprint che neanche il supercornetto al cioccolato può risollevare. Come se non bastasse anche il principio di raffreddore con cui ero partita trasforma rapidamente in influenza. Cerco comunque di rispettare la scaletta delle cose da visitare, anche perche'  l'indomani sarei andata a fare una gita giornaliera a Pristina, quindi dovevo vedere piu' cose possibile.
La prima fermata del secondo giorno e' il lago artificiale di Matka che dista pochi kilometri dal centro di Skopje e che si puo' raggiungere tranquillamente in 50 minuti con l'autobus 60 per un modico costo di 60 dinar (1 euro circa) per il biglietto andata e ritorno.
Vista la levataccia decido di prendere l'autobus abbastanza presto alle 8.45. Il trasferimento verso il lago e' interessante perche' da modo di vedere uno spaccato della vita alla periferia della citta', fatta di povertà, con case fatte di mattoni rossi grezzi a vista, donne di nero vestite, strade quasi sterrate e i consueti minareti. Quando arrivo a Matka scendiamo io ed un signore baffuto. Non avendo la piu' pallida idea di dove andare gli chiedo: "Matka?" e lui mi risponde "Matka!" e mi fa cenno di seguirlo, aggiungendo dopo poco "1 kilometer". Iniziamo a camminare in direzione della diga e dopo circa 15 minuti siamo arrivati all'inizio del lago dove si trova un piazzale con Hotel, ristorante e porto per le barche che portano i turisti a visitare il lago.
Appena arriviamo scopro che questo simpatico signore e' in realta' il custode della chiesa di San Andrea che si trova proprio vicino al piazzale. Entro, l'aria e' fresca. Questa chiesa risale al XIII secolo ed e' divisa in due parti, l'ingresso e la parte centrale, e puo' vantare diversi affreschi di santi e sulla vita di Gesu'. L'omino si rivela molto gentile e mi presta la guida in inglese dove ci sono le spiegazioni agli affreschi.  Quando esco faccio un giretto nel piazzale completamente inghiottito da tavoli e sedie in attesa di turisti e mi avvicino al camminatoio tramite cui si puo' visitare gran parte della sponda del lago. Faccio giusto qualche metro fino a vedere una barchetta con i primi turisti che si allontana in direzione della grotta.

il bellissimo lago di Matka
Decido di tornare indietro e chiedere il prezzo della gita in barca: 7 euro, non e' troppo ma in ogni caso non ce li ho. Un secondo dopo uno sciame di studenti conquista il piazzale. Butto l'occhio un'ultima volta sulla chiesa e poi mi dirigo verso il piazzale del bus, c'e' qualcosa altro da visitare.
Superando il punto di arresto dell'autobus e continuando per 5-10 minuti si arriva al monastero di Bogorodica. Mi piacciono molto i monasteri ortodossi per quella calma e tranquillita' che riescono a trasmettere. Anche qui si puo visitare una chiesetta del XIV secolo, questa volta le decorazioni sono rosse invecem che blu ma i soggetti non cambiano. Uscendo dal monastero ritorno alla fermata dell'autobus in attesa di rientrare a Skopje.
Dopo il pranzo a base di panini e una necessaria siesta sono pronta a visitare il centro storico (moderno).
L'avevo notato il giorno prima avvicinandomi al bazar, il centro storico e' un cantiere a cielo aperto che sta cambiando la skyline del lungofiume. In questa zona si trovano molti edifici importanti come il Ministero degli Esteri e diversi musei. Tutti sono accomunati da uno stile architettonico finto neoclassico connotato da un colore bianco splendente che, in una giornata di sole, ha veramente un effetto catarinfrangiente. Ma non solo, ci sono due ponti piani pieni di statue e due o tre navi (finte) costruite sul lungofiume, anch'esso in ristrutturazione. Scopro che questo grande progetto urbano si chiama Skopje 2014 (?). Anche la 'Times square' di Skopje in cui svetta un trionfante Alessandro Magno e' totalmente chiusa per lavori.

Dopo aver percorso il 'corso' della città pieno di caffè e tavole calde, arrivo alla  vecchia stazione dei treni. Alzando la testa si puo' guardare l'orologio fermo all'ora in cui il 26 luglio 1963 quando un terribile terremoto sconvolse a citta'.


Fu un terremoto catastrofico che cancello' gran  parte degli edifici del centro , fece più di 1000 morti e produsse migliaia di sfollati. A parte il vecchio edifico che ospita un museo il resto dell'area e' inaccessibile per, manco a dirlo, lavori in corso. Il museo vale comunque la pena di essere visitato non solo per via del materiale video e fotografico sui momenti del dopo terremoto ma anche perche' permette di capire come stata ricostruita la citta'. Grazie all'arrivo di fondi da tutto il mondo (anche da Francia e USA in epoca di cortina di ferro) la ricostruzione venne resa possibile ma sclerotizzata in diversi quartieri che dispersero ancora di piu' il contesto urbano.

un tipico scorcio 'socialista'
cantieri nel centro di Skopje











Ritornando verso la statua di Alessandro  si puo' trovare la statua di madre Teresa, che e' nata appunto a Skopje, e un museo a lei dedicato. A questo punto dovevo decidere se rimanere nel centro e aspettare il corteo delle proteste oppure prendere un autobus ed andare nella periferia della citta' dove si trova 'il quartiere rom'. Premessa, a Skopje (come nei balcani), la popolazione rom costituisce una numerosa minoranza e in questa citta' e' sorto un vero e proprio quartiere governato da un sindaco eletto dalla comunita'. I miei amici mi avevano detto che non era un quartiere pericoloso e anche su alcuni blog avevo letto dei commenti analoghi. Vinco la titubanza e salgo sull'autobus 19 che porta dritti a Shutka.
Tuttavia  mentre ci avvicinavamo al quartiere, mi cresce la sensazione di essere al momento sbagliato nel posto sbagliato, un  misto di insicurezza, paura e senso di colpa per andare a fare una specie di safari antropologico. Capisco di essere a Shutka quando vedo sulla sinistra il simbolo del popolo rom, la famosa ruota. D'un tratto sembra di essere finiti in una bolgia infernale, macchina ovunque, persone che si muovono su carretti trainati da cavalli, la tipica confusione da fine mercato. Più che un quartiere mi sembra una grande baraccopoli, fatta  di  piccole case di mattoni che rapidamente il posto a vere e proprie baracche.
Anche in questo caso si può parlare di segregazione della popolazione rom, mascherata dal velo istituzionale del 'che bravi si autogovernano', in realtà penso che sia un ghetto pieno di povertà e lasciato a se stesso lontano dal brilluccichio in cui il governo cittadino ha avvolto il centro storico.
Quando l'autobus si ferma rimango lì, non mi sento sicura a scendere, di fatto non voglio scendere perche' mi sento fondamentalmente un intrusa. Quindi rimango ferma sul bus, un po' tremolante per lo stress della situazione. Non faccio in tempo a chiedere al conducente fra quanto riparte che sento da dietro una voce: "scusa sei italiana?", mi giro e vedo un signore piuttosto giovane. Gli dico di si e iniziamo a parlare. Mi spiega che lui vive vicino a Shutka e che l'autista e' suo parente. Mi racconta che vive da diverso tempo in Italia e che, dopo aver cambiato molte citta', da qualche anno vive con la famiglia ad Imola, dice che lavora, che si trova bene e che la sua comunita' macedone consiste essenzialmente nella sua famiglia.
Dopo una mezzora ripartiamo e ritornando verso il centro citta' mi fa vedere il posto dove sta costruendo casa e mi indica i quartieri 'belli' della citta'. Arrivata all'altezza del bazar lo ringrazio e lo saluto. Sono le sette e mezza e corro al mio angolo preferito, la moschea vicina alla torre rossa che si trova su una collinetta vicino al bazar. L'avevo scoperta il giorno prima tra la pioggia ma sfortunatamente l'avevo vista chiusa, al secondo giro sono piu' fortunata e dopo pochi minuti che siedevo su una panchina arriva un ragazzetto ad aprire la moschea ad un mio gesto mi fa cenno che posso entrare. Mi siedo sul tappeto verde e scruto ogni angolo della moschea, non sto molto, forse solo 5 minuti, poi devo uscire perche' a minuti ci sara' il richiamo alla preghiera.Mi metto seduta a scrivere sulla panchina nel giardino della moschea, sta imbrunendo e d'un tratto sento il canto del muezzin. I vari minareti prendono vita e come un effetto domino il grido si dipana in tutta la citta' vecchia con i minareti che si illuminano. Credo sia stato il momento più magico del viaggio.
Poi il sole sparisce e ritorna il silenzio. Ho fame e decido di ritornare nella zona del bazar. Mentre cammino scorgo una specie di tavola calda, molto semplice, mi avvicino e chiedo al tipo cosa c'e' da mangiare mi risponde: "questo", indicando la gravche tavche (fagioli speziati cotti nel coccio) e cevapcici, prezzo politico di 140 dinar (2,20 euro circa). Mi siedo e letteralmente divoro tutto. Ringrazio e mi dirigo in ostello attraversando il lungofiume dove stazionano alcuni agenti di polizia e le statue del ponte delle arti.


Il terzo giorno invece di resuscitare continuo a non stare un granche'. Grazie ad una pezza sugli occhi guadagno un'ora di sonno ma mi alzo comunque presto, l'influenza comincia a farsi sentire e decido di abbandonare la trasferta di Pristina (*).
Cosa fare dunque? Sono indecisa se visitare il Museo della Macedonia o se andare alla Millennium Cross, una croce gigantesca issata sul monte Vodno che domina la citta' e da cui si puo' godere un panorama spettacolare. La giornata non e' chiarissima ma c'e' il sole, punto quindi sul Monte Vodno.
Ora, ogni tanto camminando per Skopje sembra di stare a Londra solo per questi:

Skopje come Londra

Ed e' con il doppio bus  (su sui campeggia la scritta Millennium cross) che mi avvicino alla meta. Dopo 30 minuti sono sul posto, per arrivare alla cima ci sono due modi: farla a piedi oppure prendere la funivia. Opto per la seconda. La cosa buffa e' che la funivia funziona ogni mezz' ora ( dalle 10 alle 10.30, dalle 11 alle 11.30 e via dicendo). Sono fortunata e dopo pochi minuti salgo fino in cima. Effettivamente la croce e' davvero mastodontica ed imponente. La storia narra che questo sito fosse conosciuto da tempo immemore come un luogo sacro dedicato alla croce e da qui la decisione nei primi anni 2000 di costruirne una vera e propria. Croce a parte il panorama e' bellissimo, si puo' vedere tutta Skopje  le vallate circostanti.
Visto il peso della croce sulla mia testa, seduta sulle rocce mi viene in mente di fare giusto giusto due considerazioni rispetto alla questione religiosa.


Vuoi perche' la permanenza secolare dell'impero ottomano ha lasciato profonde tracce culturali, vuoi perche' i conflitti sanguinari degli anni '90 sono stati una lezione importante, a me e' sembrato che a Skopje queste due anime (quella musulmana e quella cristiana) se la intendessero bene, ok alcuni quartieri (come la parte turca) sono un po' piu' identitari ma non ho visto ghetti (come invece e' di fatto Shutka). Poi magari certo, si potrebbe dire, sono tutti fratelli ma intanto hanno messo un mega crocione sulla montagna, tanto per far capire chi comanda. Bho, non so.
Di fatto, quando la funivia riprende a funzionare mi dirigo sulla strada del ritorno in ostello, dove, una volta rientrata, il mio viaggio sostanzialmente finisce, essendo ormai  vinta completamente dall'influenza. Cambio quindi il mio biglietto di ritorno prendendo il primo autobus per Salonicco, alle 6 di mattina.
Dopo una, breve, nottata in cui ho finalmente condiviso la mia stanza con altre persone, (psico)atleti della maratona di Skopje provenienti dalla Serbia, mi dirigo per l'ultima volta alla stazione degli autobus dove con un the e un mega cornetto al cioccolato saluto la citta'(non prima di aver pagato la tassa di uscita, 50 dinar).




Per tuto questo Fala (grazie) Skopje!

P.s.
E' stato un viaggio in solitaria. Non e' stato facile, ho avuto alcuni momenti di difficolta' e la sera ho rotto i coglioni ad amici e parenti lontani (che grazie alla tecnologia non sono poi cosi' lontani). Ho scoperto che forse i viaggi in solitaria non fanno per me ma questi, d'altro canto, rappresentano un utile termometro per conoscere bene se stessi, per capire se si riesce a stare un po' da soli con se stessi e, perche' no, anche per mettersi alla prova. Non mi interessa sapere se questa prova l'ho superata o meno (ma essendo tornata sana e salva direi di si), sono molto soddisfatta di aver vinto le mie remore e di essere comunque partita.

(*) Alla fine non andare a Pristina si è rivelata una decisione saggia perchè lo stesso giorno, sabato 9, c'è stato uno scorntro a fuoco che ha opposto politzia e un gruppo terroristico che rivendica la separazione della comunità albanese numerosa nelle zone limitrofe al Kosovo.








martedì 5 maggio 2015

Volos...e ritorno

"La naturalezza coincide con l'età dell'innocenza, con la capacità di sognare; l'età adulta, al contrario, induce a misurarsi concretamente con una realtà sgradevole o, quanto meno banale."
Con queste parole Maria Casacaursi commenta il libro di Alexandros Papadiamandis "Due racconti di Skiathos" ambientato , per l'appunto sull'isola di Skiathos situata nelle Sporadi settentrionali. 
Ora, io a Skiathos (per mancanza di tempo e scelta pecuniaria) non l'ho visitata, sono stata invece nella citta' portuale dove questi traghetti partono, a Volos, in una finestra temporale che ha coinciso con una gran brutta notizia e la voglia di 'staccare da tutto' per respirare un po', per capire il senso delle cose che stanno accadendo dentro e intorno a me, per recuperare in parte quella naturalezza un po' perduta. 
Dunque Volos, una meta semplice semplice da Salonicco, quasi fuori porta, due ore e mezza di autobus e passa la paura. Situata sul golfo di Pagasitikos e abbracciata dalla catena montuosa del Pelio, questa e' una piccola cittadina animata dalla vita turistica ma che conserva ancora il fantasma del suo passato industriale.   Da nord (dove c'e' la stazione autobus KTEL per intenderci) a sud, che trova ne promontorio di Goritsa il suo confine naturale, come una lingua di terra ecco la citta':


La citta' e' piccola, in un pomeriggio si puo' percorrere a piu' riprese la sua parte centrale pianeggiante Come in molte citta' greche anche qui la via dello shopping si chiama Ermou e i bar situati sul lungomare sono sempre pieni di gente, in alcuni di essi con il caffe' portano anche un cornetto gigante con la cioccolata a gratis (fermatevi da Jam se ne siete interessati). 
Dopo questa breve descrizione, cosa fare, che vedere a Volos in tre giorni? Dipende.
Tre giorni per fermarsi a Volos sono ampiamente sufficienti per scoprire la citta' ed i suoi dintorni mentre per fare il tandem Volos- Skiathos no, troppo poco tempo, in questo caso vi dico subito che l'ideale sarebbe un giorno e mezzo a Volos e almeno due a Skiathos.
Comunque restiamo sul pezzo e dunque Volos. 
In cima all'hit parade c'e' la Volos industriale e post industriale: edifici liberty e fabbriche abbandonate, la parte nord della citta' e' il luogo ideale per perdersi e lasciar andare la fantasia e immaginarla come doveva essere soltanto un secolo fa. Premessa, Volos fino all'inizio del Novecento era un centro di commerci e di artigianato, a sconvolgere questo equilibrio furono due eventi: l'arrivo dei profughi dell'Asia Minore che si rifugiarono nel quartiere di Nuova Ionia e l'avvento dell'industrializzazione.
Il murales sul muro della stazione KTEL
Le due cose coincisero. Il boom demografico degli anni '20 e '30 fu inglobato nella conversione economica della citta' a centro industriale. Oggi e' possibile visitare due testimonianze di questo passato. 
La prima si trova accanto alla stazione e viene chiamata Magnesia ( o cosi' ho capito), una vecchia fabbrica oggi in totale stato di abbandono:


Per gli appassionati di archeologia industriale questo posto e' molto interessante in quanto vi si possono ammirare molti graffiti sugli edifici rimasti in piedi, che sembrano anche il rifugio di qualche senzatetto. Prevalentemente lasciata all'incuria la zona e' gestita da un'associazione che gestisce un mercato di vestiti e oggetti usati e usa lo spazio per organizzare assemblee ed altri eventi. Queste sono solo delle supposizioni perche' dalla conversazione in greco con un signore dell'associazione ha dato ben pochi frutti. 
Andando ancora piu' a nord, quasi ad uscire dal centro cittadino, c'e' un'altra zona industriale, questa volta magnificamente recuperata e conservata grazie ai finanziamenti europei, una fabbrica di mattoni che dal 2006 ospita il: Rootfile and Brickworks Museum N. & S. Tsalapatas. 
La sua visita e' molto interessante per diverse ragioni:
1) Il restauro ha conservato tutti i macchinari e gli ambienti originali.
2) Il percorso interattivo  permette al visitatore sia di 'toccare con mano'  sia di leggere i pannelli (anche in inglese!).
3) I contributi video dei vecchi operai o impiegati contribuiscono a far capire la grande compenetrazione tra la fabbrica e la citta', che nel periodo di maggior splendore (tra gli anni '20 e gli anni '50), arrivo' a contare 200 dipendenti. 




La Volos moderna e' un po' come New York, una citta' a forma di griglia, in cui sovrastano palazzoni in cemento armato alti almeno tre piani costruiti a partire dagli anni '50, dopo che i  ripetuti sciami sismici tra il 1941 e il 1956 ne distrussero il complesso urbano ( interessante e' il confronto grazie alle fotografie che ho visto in un negozio di fotografia che vendeva cartoline con foto d'epoca).
Tuttavia ci sono ancora due segni tangibili che il visitatore puo' ancora ammirare. Il primo e' il museo archeologico, costruito nel primo Novecento, che ospita una bella collezione di reperti neolitici ritrovati nell'area circostante negli anni '50 durante la costruzione dell'autostrada Atene-Volos. Oltre a statuine di donne nude in carne e a volti di terracotta dall'aria perplessa e' possibile ammirare la ricostruzione, fatta con scheletri ritrovati e lapidi originarie, del rito della sepoltura durante il periodo classico ( 5 secolo a.C. per intenderci). 
Il secondo di gran lunga piu' romantico sono i binari della vecchia tramvia che collegava Volos agli altri paesini sulla costa.


Percorrendo tutto il lungomare e' possibile infatti camminare seguendo i binari (ormai cementati) del treno. All'interno del parco che si affaccia sul mare si possono ancora vedere gli scambi delle rotaie e il casottino del controllore. Seguendo le rotaie in direzione sud fino al promontorio di Goritsa si puo' arrivare alla parte sud, una piccola oasi fatta di piccole spiaggie e d'acqua trasparente (e ancora freddissima).


Ma il vero gioiellino e' la chiesa di Panagiota (la versione ortodossa del nome di Maria). Questa e' l'unica chiesa che valga effettivamente la pena di visitare in quanto e' stata costruita sotto la roccia del promontorio.


Consigli ai viaggiatori:
1) Se avete poco tempo e non potete permettervi di veleggiare verso le isole potete fare un'escursione in giornata nei villaggi sopra la citta', ce ne sono diversi. Io ho visitato solo Makrinitsa il villaggio piu' alto con un dislivello di 500 metri. Casette bianche e vie acciottolate saranno il paradiso degli spiriti piu' sportivi, per i piu' lazzaroni, come me, si puo' sempre scalare giusto un pochino e rifugiarsi nel cortile di questo bel monastero mangiando una buonissima focaccia alle olive ed una torta dolce alla crema. Il biglietto costa 1.60 ed e' lo stesso sia per Makrinitsa che per Portaria, situata sullo stesso livello ma ad una distanza di due km. 
2) Il pesce ( e lo tsipuro), non potete lasciare Volos senza aver mangiato il pesce ossia: calamari fritti e altre prelibatezze arrostite. La citta' e' infatti conosciutissima per i suoi tsipouradiko: taverne in cui ad ogni ordinazione di mezedes ( appetizers/tapas/stuzzichini) viene servito questo liquorino all'anice. I posti migliori sono quelli nascosti: il quartiere tra la stazione ferroviaria e la stazione bus o intorno a via Venizelos. Di norma non dovreste spendere piu' di dieci euro per una buona cena.

Infine, non bisogna rimanere stupiti se come tutte le citta' greche, anche qui si ritrova un po' di mitologia. Infatti da qua si dice che il mitico Giasone sia partito con i suoi abitanti alla ricerca del vello d'oro. Liberi di crederci o no, quel che conta e' che la nave e' posizionata sul porto e pronta a salpare.  Buon avventura.









martedì 7 aprile 2015

Volta la carta

Quante volte ho aperto questa pagina , così bianca, così nuova in questa settimana. Sicuramente 5 o 6 ed ogni volta dopo aver scritto poche righe chiudevo tutto e buonanotte. Se state leggendo queste righe forse vuol dire che ho finalmente vinto questa insicurezza grafica  ed i virus che da settimane appestano questo computer.
Sono tornata sul blog perchè mi sono accorta che da quasi un mese non stavo scrivendo niente, un mese silente. E invece no, solamente che (parafrasando la frase di Tenco: quando sono allegro esco) quando vivo non scrivo. E Marzo, il mese pazzo, per eccellenza, è stato un mese abbondante di tutto: di cose da fare, di sentimenti, di confusione. A tratti un mese bulimico che mi ha lasciato un pò così mache mi ha permesso di scoprire alcune cose interessanti. 
La prima cosa che ho scoperto è che la frase 'settore della comunicazione' non mi affascina più come prima di questa esperienza. Ebbene un anno fa, quando ancora vivevo l'onda lunga della mia inchiesta marsigliese, avevo iniziato a pensare il mio futuro nel mondo della comunicazione (?) cercando prima un'esperienza a titolo gratuito in una radio poi ad un tirocinio in una ong nel settore comunicazione. Ebbene in questo mese ho capito che a me non piace passare le mie giornate dietro ad un computer ed a relazionarmi con questa macchina prediletta del XXI secolo. Ho scoperto che , se incanalata in una direzione, mi piace molto di più interagire con le persone. Questo perchè a Marzo durante la settimana antirazzista del 21 Marzo io e il mio collega volontario Tommaso abbiamo 'gestito' una specie di training sul razzismo in una classe d'italiano all'interno di una scuola di lingue. E' stata una bella esperienza che mi ha permesso di scoprire un'altra cosa che mi potrebbe piacere fare nella vita. 
La seconda cosa che ho scoperto è che, come forse avevo sottolineato nelle Impressioni di Gennaio, a volte mi mancano le abitudini, la routine della mia vita italiana. Quella stessa routine che quando metto piede in Italia mi piace odiare ed ergere a mio nemico e scusante per non avere il coraggio di cambiare. Ecco  quella routinenon mi manca affatto, perchè mi sono accorta di ricrearla anche qui ogni volta che mi chiudo in me stessa, perchè mi annoio, perchè sono frustrata, per altre ragioni. Purtroppo alcuni lati del proprio carattere sono inamovibili e si può solo imparare a gestirli. La regola generale dovrebbe comunque essere quella di acquisire un pò più di menefreghismo e di abbandonare quella compiacenza narcisistica che porta a non deludere nessuno se non se stessi.  O chiamiamolo anche sano egoismo. 
La terza cosa che ho (ri)scoperto è che c'è un tempo per ogni cosa: per essere felici ( e bisogna goderselo), per essere scazzati ( e semplicemente accettarlo), per guidare in Grecia ( ed anche con un inaspettato gusto) e per visitare un museo che, come tutti i musei europei, di lunedì è chiuso e tu ci vai proprio quel giorno lì con tuo padre che ti è venuto a trovare dall'Italia.     

Potrei dire che questo mese può essere sintetizzato in questa bellissima citazione di Pavese:
"Uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perchè la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione". 

maschere teatrali nel museo archeologico di Pella